sabato 30 giugno 2012

GdL Pemberley Shades di D.A. Bonavia Hunt | Le recensioni delle Lizzies

Carissimi lettori e amici di Old Friends & New Fancies,

ecco la tanto attesa recensione delle Lizzies sul secondo sequel in assoluto di Pride & Prejudice (vedi scheda libro), 'Pemberley Shades', scritto dalla brava e molto intuitiva D.A. Bonavia-Hunt.
Noterete dalla  recensione che, anche questa volta, ci trovano d'accordo su molte cose, meno su altre, ma non sveliamo oltre, poiché non dovete far altro che proseguire la lettura qui sotto, tra le acute osservazioni di LizzyGee, le riflessioni opportune di LizzyS e la collezione di dettagli emozionali di LizzyP.
Buona Lettura!

N.B.! Come sempre, i commenti delle Lizzies si distinguono per colore e carattere:
Verde+Georgia per LizzyGee
Blu+Helvetica per LizzyP
Viola+Verdana per LizzyS

LA RECENSIONE A SEI MANI DELLE LIZZIES
A few SHADES, more lights (Poche ombre, molte luci)
Pemberley Shades fu pubblicato per la prima volta nel 1949 ed è il secondo sequel in assoluto di Orgoglio e Pregiudizio. Al contrario di Old Friends and New Fancies — il primo sequel di Sybil G. Brinton, scritto nel 1913 — D. A. Bonavia-Hunt poteva dare un volto ai suoi protagonisti. L’immaginario collettivo, infatti, poteva immaginare Mr Darcy come Sir Laurence Olivier ed Elizabeth Bennet come Greer Garson.

Non sappiamo se la Bonavia-Hunt abbia visto il film — molto poco fedele all’originale, praticamente in tutto — del 1940, tuttavia l’idea per un sequel potrebbe essere scaturita anche dalla popolarità riscontrata da Orgoglio e Pregiudizio sul grande schermo. Del resto, sappiamo che è proprio grazie alla serie del 1995 e al film del 2005 se è nato il fenomeno delle Austen Inspired Novels
Inoltre, la Bonavia-Hunt aveva probabilmente avuto modo di conoscere e di leggere Georgette Heyer e le sue Regency Novels
Altro motivo di ispirazione per la Bonavia-Hunt potrebbe essere stata la sua stessa famiglia: cresciuta in un ambiente ecclesiastico in cui l’arte e la musica erano due fattori fondamentali (sua madre era una scrittrice e suo padre — un pastore anglicano — era il fondatore del Trinity College of Music di Londra), potrebbe essere stata influenzata non poco nell’ambientazione del romanzo e nella definizione dei personaggi. Quindi, si può dire che ha attinto direttamente alla sua stessa realtà quotidiana, e in questo è decisamente fedele alla sua (e nostra) beniamina... e sappiamo bene quanto sia la migliore delle fonti d'ispirazione ciò che si conosce meglio!
Lyme Park, Cheshire, utilizzata come location per Pemberley in Pride and Prejudice 1995
Mi spiego meglio: si sa che l’ambientazione è Pemberley, certo  un vero e proprio palcoscenico su cui si svolgono le vicende di Pemberley Shades — ma il fattore scatenante per questo sequel è la morte del parroco della prebenda di Pemberley e la sua sostituzione. I vari candidati — fra cui spicca Mr Collins con una delle sue deliziose lettere piene di autostima e autocompiacimento (E' meravigliosa!!! E' meravigliosa!!!) — e i nostri cari Mr e Mrs Darcy, se la dovranno vedere con le due ‘deliziose’ figlie nubili — di età avanzata — dell’ex parroco, Mr Robinson. 
Le due Miss Robinson, infatti, non ne vogliono sapere di lasciare la canonica, che è stata la loro casa per tantissimo tempo. Inoltre, la mancanza di una signora di Pemberley ha fatto sì che la maggiore delle due sorelle divenisse il punto di riferimento per le questioni che a Pemberley andavano gestite da una donna. Sarà dura per Elizabeth far valere la sua autorità su un predominio così radicato. In questo ho rivisto nelle sorelle Robinson moltissimo delle Miss Jenkyns, le Amazzoni di Cranford di Elizabeth Gaskell. (Perfettamente d'accordo!) Anche il rapporto tra le sorelle è il medesimo, la caparbietà e la prevaricazione della maggiore contro la debolezza ed estrema malleabilità della minore, libera di parlare soltanto lontana dallo sguardo della prima — difatti, è solo in una situazione simile che Elizabeth riesce a sapere qualcosa (forse anche troppo) degli strani eventi all'interno della canonica. 
Eileen Atkins e Judy Dench (Miss Jenkyns e Miss Matty in Cranford 2007)
Peccato che — dopo averci promesso una scoppiettante rivalità — la Bonavia-Hunt le abbia effettivamente relegate un po’ troppo sullo sfondo; addirittura sul finale, ha liquidato il loro trasferimento con poche frasi… possibile che non abbiano più fatto storie? E il loro rapporto cospiratorio con Lady Catherine avrebbe potuto essere sviluppato meglio: come mai due caratteri così forti come Lady C. e Miss R. vanno tanto d’accordo? In effetti, sarebbe stato interessante leggere qualcosa di più su questa coppia di personaggi, ma, in fondo, s'intuisce perfettamente quale sia il minimo comun denominatore che le rende da subito concordi e, addirittura, complici... Miss Robinson sarebbe stata una perfetta Lady Catherine se avesse avuto simili privilegi di nascita, non credete? Non so se riesco a credere a una Lady Catherine che si abbassa ad andare a trovare le Miss Robinson e a una Miss Robinson mansueta al punto da riuscire a compiacere Lady Catherine… Come appena scritto, per me è vero il contrario, le persone simili si riconoscono sempre alla prima occhiata! Credo che Lady Catherine sia stata molto calcolatrice nell'avvicinare Miss Robinson (con la sua solita condiscendenza), il che le si addice. In fondo, anche il legame sociale con una nullità come Mr Collins ha un suo scopo ben preciso. Nel momento in cui la sua utilità viene meno, sono dolori (come viene raccontato anche qui).

È la prima volta che un sequel che ha per protagonisti Darcy ed Elizabeth riesce ad essere credibile: di solito, per non cadere nello sdolcinato o nello scontato, si privilegiano altri personaggi, che in Pride and Prejudice erano minori. Beh, non direi che è esattamente la prima volta, ma concordo con la credibilità dei protagonisti che ritrovano la coerenza con il romanzo della Austen, aggiungendo, se possibile, la praticità e la complicità della nuova condizione, non tralasciando i primi inevitabili dubbi sulla realizzabilità di un rapporto di assoluta sincerità. Oh, sì, devo riconoscere che questi Elizabeth & Darcy mi sono piaciuti molto (a parte qualche dubbio su Elizabeth, di cui però parliamo più avanti). Gli scambi tra loro e persino i rari e brevi momenti di intimità mi sono sembrati credibili e rispettosi. Toccare questi due "pezzi da 90" austeniani è sempre operazione delicatissima e rischiosa, che l'Autrice affronta invece con grande abilità. 

Gli altri personaggi provenienti dal romanzo di Jane Austen sono fedelissimi agli originali, a parte Lady Catherine, che purtroppo viene spesso ridotta a una macchietta di se stessa… errore in cui spesso cadono un po’ tutti gli autori di Austen Inspired NovelsLady Catherine, tuttavia, arriva ad agitare le acque: dopo un inizio molto promettente, infatti, a un certo punto la narrazione — intorno a metà romanzo — perde la sua verve. Ammetto di aver faticato un po' a superare questo momento di stasi. Per fortuna, c'è Lady Catherine! Sono piuttosto concorde nel rallentamento del ritmo iniziale ad un certo punto, la fase di stallo si avverte molto, ma basta superarla per ritrovare nuovi eventi ad accelerare la trama spronando la lettura sino alla fine. È appunto ciò che dicevo: è Lady Catherine a creare tali nuovi eventi. 
Riguardo a Lady Catherine, comprendo l'errore cui ti riferisci, ma nel caso presente direi che la caricatura è perfettamente incastrata negli eventi; Lady Catherine è, diciamolo pure, un po' stufa di aver una figlia-imbambolata da far sposare al miglior offerente! Darcy, sposando Elizabeth, ha distrutto le sue aspettative mandando in pezzi un matrimonio (a suo dire) perfetto pianificato da una vita; infine, passano gli anni anche per lei, riesco ad immaginare facilmente i difetti del suo carattere acuirsi nell'avanzare dell'età, se poi la sua sfrontatezza epica la si lega alla disperazione di dover concludere al più presto un match per Anne, è plausibile che si decida persino a vederla guarire, persino farsi più forte in salute così da aver ragione di "buttarla nella mischia" a caccia dell'ultimo pretendente! Personalmente, l'ho trovata esilarante!
Le new entries sostituiscono perfettamente i personaggi non ‘confermati’ (scusate se ne parlo come il cast di un telefilm) nella seconda serie. George Wickham è totalmente scomparso: di lui e di Lydia non si sa niente, ma di certo non ci poteva essere sequel di Orgoglio e Pregiudizio senza un mascalzone! Il villain di turno seguirà in tutto e per tutto le orme del suo predecessore — non mi esprimo per non cadere nello spoiler —, seguendo uno schema ben collaudato un secolo e mezzo prima. Sì, l'assenza di Wickham si sente appena, poiché abbiamo da risolvere un mistero sin dall'inizio, intorno alla figura del suo sostituito, del quale persino Lizzy, da principio, non riesce a comprendere carattere ed intenzioni. Ma sì, in fondo sappiamo bene come va il matrimonio di quei due scavezzacollo di Wickham e Lydia perciò ho gradito molto l'entrata in scena di questo nuovo misterioso villain.
Del resto, il mistero che dovrebbe aleggiare sul romanzo, risulta chiaro fin dall’inizio: sono i pochi i dettagli che verranno svelati alla fine
E ancora, sebbene di lightly gothic (leggermente gotico) ci sia ben poco — nonostante le dichiarazioni di intenti —, ci sono numerosi riferimenti a Northanger Abbey durante l’esplorazione di Clopwell Priory (notare anche l’allusione del nome: abbazia-priorato) di Mr Robert Mortimer. La cassapanca misteriosa, aperta con gran circospezione, che in realtà contiene stoffe per tendaggi, è una vero e proprio omaggio al romanzo di Jane Austen, e anche la giovane Kitty Bennet sembra essersi trasformata nella Catherine Morland delle situazione (anche qui c’è la coincidenza dei nomi, dato che Kitty è diminutivo di Catherine, il suo nome di battesimo!) Coincidenza certamente voluta dall'autrice, anche se, purtroppo, non abbiamo modo di verificarla, ahimé! Kitty è più ingenua di Lydia e cosciente delle brutte conseguenze di imitarne il comportamento (vedi recente passato in P&P), ma abbastanza intraprendente da incorrere nelle stesse situazioni "pericolose" di Catherine Morland, Mary, sicuramente, non sarebbe stata adatta a questo ruolo... troppa avventura! Anche per me, che (come ben sapete) ho un occhio di riguardo per quel gioiellino di Northanger Abbey, è stato davvero piacevole ritrovarlo proprio qui.

Bellissimo il rapporto di Elizabeth e Georgiana, è proprio quello in cui ci fa sperare Jane Austen in conclusione di Pride and PrejudiceCome lo stesso legame di parentela dichiara, Georgiana guadagna una sorella maggiore, ma anche un'amica, come avevamo sperato, il perfetto completamento di una famiglia orfana da tempo, che chiudendo il cerchio con l'arrivo di Lizzy, ne crea una nuova innegabilmente perfetta.
In pieno stile ottocentesco, poi, Elizabeth porta a termine una gravidanza senza che vi sia alcuna allusione a parte qualche capogiro sospetto e uno o due svenimenti… Ciò mi aveva fatto temere che la Bonavia-Hunt avesse trasformato la nostra eroina nella protagonista di Love and Freindship
Una sola critica mi sento di formulare riguardo a Elizabeth... ho avvertito una nota stonata nel suo ruolo di madre, in particolare nella distanza che tiene dal figlio, sebbene comprenda il cambiamento della sua condizione, non riesco ad immaginare Lizzy che lascia il figlio così lungamente in compagnia delle balie... la immagino, come sempre, ribelle all'etichetta, proprio per il suo carattere e la sua stessa provenienza da una famiglia molto anti-convenzionale, cresciuta con altre quattro sorelle senza un'istitutrice (come ci fa notare scandalizzandosi Sua Signoria Lady De Bourgh) con cui condivide persino un debutto in società univoco "per non destabilizzare l'affetto fra sorelle"! Dunque, nonostante sia credibile una circostanza tra madre e figlio come quella creata dalla Bonavia-Hunt vista l'appartenza ad un ceto sociale elevato, avrei preferito una Lizzy (e un Darcy ammaliato da questa sua "anima selvaggia") coerente con i suoi principi ed il suo istinto. Voi che ne dite? Concordo pienamente con questa impressione. Inoltre, troppo spesso la vediamo titubante, quasi nel panico di fronte alle intemperanze del suo vispo pargoletto, e del tutto dipendente dai buoni consigli di Mrs Reynolds. Non mi sembra di ritrovare il carattere dell'Elizabeth che tutti amiamo.

Interessanti le elucubrazioni di Mr Bennet sul matrimonio e le giovani donne… (Ho apprezzato la sua presenza nel romanzo!) (L'Autrice gli regala certe perle di saggezza che costituiscono un bellissimo omaggio all'originale di Jane Austen!)
“There is no shame in any natural process such as procuring a husband. It is every young woman’s proper business and the sooner she accomplishes it the better. For that I have the highest authority—your mother” “I am sure,” cried Jane, “Kitty would never marry unless her heart prompted her.” “Fiddlestick, my love. You would not perhaps, and that is as much as you can say. Consider the example of Charlotte Collins, and her sister Maria Lucas, and a lot of others I could name. What has prompted them? Nothing but the desire of being married. For that any man will do.” 
[“Non c’è vergogna in un processo naturale com’è quello di procacciarsi un marito. È un mestiere indicato a ogni giovane donna, e prima assolve il suo compito, meglio è. In questo campo conosco la massima autorità: vostra madre.” “Sono certa,” gridò Jane, “che Kitty non si sposerebbe mai, a meno che non fosse ciò che il suo cuore la spinge a fare.” “Sciocchezze, mia cara. Forse tu non lo faresti, è solo questo ciò che puoi asserire. Considera l’esempio di Charlotte Collins — e di sua sorella Maria Lucas — e di tante altre che non sto a nominare. Cosa ha spinto loro? Nient’altro che il desiderio di essere sposate. Per esse un uomo va bene come un altro.] 
In conclusione: un sequel scritto molto bene, originale, nonostante il rischio comune di scadere nello scontato e non solo per il fatto di essere uno dei pionieri del genere, bensì per l'affinità di Bonavia-Hunt con Jane Austen, forse dettata dai tempi (anche se centocinquanta anni non sono pochi), o forse dall’ambiente famigliare. Decisamente da tradurre.
Concordo per la pubblicazione, necessaria, innanzitutto, in quanto secondo sequel in assoluto del romanzo più famoso di Jane Austen, in secondo luogo, perché ha saputo dosare tutti gli ingredienti austeniani intrecciando le loro storie note a quelle delle new fancies che accorrono a imbastire la nuova trama. Un po' di mistery, un po' di gotico, un po' di comico e l'affetto verso l'opera originale di una perfetta (seconda della storia?) Janeite degli anni '50! L'edizione italiana non deve mancare!
Che cosa posso aggiungere? Che sono pienamente d'accordo: una perla austeniana da tradurre per il pubblico italiano!

 Link Utili                                                                                                   
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"È solo un romanzo...o, in breve, un'opera in cui i più grandi poteri della mente vengono esercitati, in cui la più profonda conoscenza della natura umana, la più felice delineazione della sua varietà, le più vivaci effusioni di arguzia e umorismo sono trasmesse al mondo nel miglior linguaggio possibile."

L'Abbazia di Northanger

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